Prospettiva e preparazione, le parole chiave del Private Banking: l'intervista a Francesco Lio
Francesco Lio, Capo Area centro-sud Italia di Banca Patrimoni Sella & C. ci parla della dimensione odierna del Private Banker.
Un buon Private Banker fa bene il suo lavoro se...?
"Sono 33 anni che faccio questo lavoro, e l'idea chiara che ne ho ricavato è che il profilo di un buon Private Banker sia il risultato della combinazione di due fattori essenziali. Il primo è sicuramente la capacità relazionale, che di certo rientra tra le qualità personali, ma può e deve essere arricchita anche tramite la formazione. In questo senso posso dire che chi fa questo lavoro da molto tempo viene per forza di cose da una scuola che faceva di queste competenze un elemento centrale. Le aziende investivano molto sul loro rafforzamento, con corsi specifici sulla PNL e molti altri interventi, e i professionisti di lunga data hanno senz'altro coltivato tutti questi aspetti con grande cura. Trasmetterne l'importanza ai giovani è essenziale. Alla base però non si può fare a meno dell'empatia, della capacità di ascolto ma anche di sollecitazione. Quando si parla con un cliente è importante non solo recepire quello che ti dice, ma anche aiutarlo a focalizzare quello di cui ha bisogno, e qui una rispettosa attività di stimolazione, con domande e approfondimenti, aiuta ad allinearsi bene e a centrare bene le questioni fondamentali. Essere guidati da una sana curiosità, dalla voglia di conoscere davvero la persona che hai davanti, di capirla sul serio, è senz'altro la chiave per la costruzione di un rapporto vero, sia in senso umano che professionale."
E qual è l'altro pilastro della figura professionale del Private Banker?
"Una solida preparazione a tutto tondo. Anche qui la lunghezza della mia storia professionale mi aiuta a mettere in fila le idee e a vedere una vera e propria evoluzione della figura e del ruolo del gestore di relazione. Un Banker non è più solo un asset allocator, oggi è indispensabile avere competenze anche in materia fiscale, previdenziale, patrimoniale. Era un approccio che già quindici anni fa vedevo in colleghi di altre nazionalità, che integravano tutto questo nella loro visione professionale, ad esempio considerando anche gli aspetti fiscali nell'ottimizzazione del profilo obbligazionario e mi sembrava una cosa non comune. Oggi che anche in Italia ci si deve confrontare con un quadro più complesso la definisco la 'nuova normalità' del nostro lavoro."
Che tipo di ruolo ha il Private Banker oggi?
"Quando inizio a parlare con qualcuno, non solo per lavoro, ma anche nella vita sociale, e viene a sapere che lavoro faccio, è inevitabile che si finisca a rispondere a domande a tema finanziario e patrimoniale. E' la conseguenza di una verità assoluta: dopo la salute ci sono i soldi, in cima alle priorità delle persone. Se trovano un atteggiamento accogliente e spontaneo per loro è normale cercare un consiglio, e questo racconta molto della nostra funzione. Una buona gestione del patrimonio produce benessere, e quindi sostenibilità sociale, oggi più di ieri, visti i tempi che si vivono. Questo ha un valore importante, garantisce equilibrio. E' un tipo di risposta che anni fa non avrei dato, non avrei definito quello del Private Banker come un ruolo essenziale, oggi invece sì. Fa parte del cambiamento di scenario della nostra società e della sensibilità delle persone."
I principi fondamentali della gestione della rete?
"La gestione della rete manageriale è cambiata molto negli ultimi vent'anni. Prima il gestore di risorse era arrivato lì per meriti passati, per anzianità, per un meccanismo quasi automatico che regolava il sistema. Il manager col tempo ha dovuto assumere sempre di più il profilo del problem solver: non puoi tergiversare, devi intervenire rapidamente nei momenti di necessità della rete come del singolo, e devi farlo con equilibrio, considerando che sei l'elemento di raccordo e connessione della Banca e del professionista. Oltre alla prontezza e alla presenza ritengo però sempre fondamentale riuscire a ritagliarsi anche dei momenti di riflessione per poter fare ragionamenti strategici a medio e lungo termine. E' una cosa che cerco di trasmettere sempre a tutti nei momenti di incontro, il vero obiettivo è quello di dare una visione di ampio respiro, indurre a ragionare sul rendimento legato alla pianificazione. Nulla accade per caso, non si può navigare a vista. Anche quando incontro dei Banker che gestiscono portafogli importanti, mi piace portarli a pensare come - in un'ottica di crescita e prospettiva - si possa arrivare a fare ancora meglio, organizzandosi e ragionando bene sugli step successivi. Regalare una prospettiva aiuta a migliorare sempre."
Allora sono interessanti le prospettive del Private Banking sul medio e lungo periodo?
"C'è un mondo aperto e pieno di possibilità. La situazione la riassumo così, in poche parole: oggi il mondo delle reti - fatti 100 i risparmi - si attesta su un gestito che dovrebbe sfiorare il 25% delle masse totali in circolazione. Ebbene, visti gli esempi e le vicende delle banche commerciali che detengono la gran parte di questi capitali, abbiamo molto campo da conquistare, ed è l'auspicio grande da condividere con chi lavora con te. C'è una crisi di fiducia e la ricerca di nuovi riferimenti, e noi siamo qui proprio per questo, come dicevo in relazione al nostro ruolo. Un margine di crescita che non ha similitudini in nessun altro settore professionale."