Torna alle News
La Banca 5 luglio 2022

La matrice psicologica del Private Banking: l’intervista a Luca Franz

news image

Una chiacchierata con Luca Franz, Area Manager di Banca Patrimoni Sella & C. sul profilo professionale virtuoso del Private Banker.


Qual è la tua percezione delle caratteristiche di un buon Private Banker al giorno d’oggi?

“Sono 24 anni che svolgo questa attività, da giovane laureato sono entrato nel Gruppo Sella, nel quale ho vissuto tutta la mia esperienza, un percorso che mi ha portato a scoprire una dimensione di questo lavoro che difficilmente avrei immaginato all’inizio. Prima di iniziare vedevo un mondo essenzialmente centrato su numeri, percentuali, performance, poi la pratica e il confronto quotidiano con la realtà dei clienti e del mercato ti insegnano che sono sicuramente cose importanti, ma non esauriscono minimamente il senso della professione. Il cliente ha bisogno di una guida, di un riferimento sotto moltissimi aspetti, soprattutto sotto quello psicologico. Un buon Private Banker è utile per evitare di cadere preda di ansie e di fare le scelte sbagliate, e non offre una soluzione basata su un mix di prodotti, ma su una presenza ragionata e ragionevole, costante, che aiuta a districarsi in un mondo complesso, svolgendo quasi un ruolo da tutor, se così possiamo dire. L’obiettivo è realizzare sogni e desiderata del cliente, aiutandolo addirittura a farli emergere, dando una forma ed una prospettiva alle esigenze interiori che devono guidare il progetto di vita per lui e la sua famiglia. È indispensabile plasmarsi attorno alla persona e al suo modo di essere, aderendo alle sue vere necessità. Ciascuno ha le proprie caratteristiche ed emozioni, un modo di approcciare la vita, ciascuno nutre sentimenti diversi su un argomento, con reazioni diverse. La cosa essenziale è far percepire che si è in grado di comprenderle per aiutare a compiere le scelte più adatte, senza mai dare la sensazione di prevaricare o di volersi imporre. È importante offrire la massima professionalità e competenze solide, ma come per i bravi medici la capacità di ispirare fiducia è decisivo. Per questo sono convinto che la relazione personale, fisica, potersi guardare negli occhi rimanga il modo migliore per coltivare questo tipo di legame nella maniera più sana.”


L’obiettivo è realizzare sogni e desiderata del cliente, aiutandolo addirittura a farli emergere


Che tipo di supporto offrire in un momento delicato come questo ai clienti?

“La verità è che un momento come questo devi averlo preparato in anticipo, devi aver lavorato bene prima. I momenti complessi ci sono sempre stati, chi ha una lunga storia professionale ha visto e attraversato molte crisi , dobbiamo sempre tenerlo presente e nostro compito è farlo comprendere ai clienti senza generare ansie ulteriori. Certo non si deve comunicare che sia tutto facile, ma che a monte si è fatto un buon lavoro di impostazione degli investimenti, con scelte adeguate e una visione chiara, passibile delle necessarie modifiche. Per affrontare i momenti meno brillanti dobbiamo avere strumenti già programmati adatti allo scenario. Come il comandante di una nave: il mare aperto può sempre presentare delle criticità, ma se hai predisposto gli strumenti adatti, se hai le competenze necessarie, sei in grado di fronteggiare qualsiasi tempesta. Anche far intravedere ai passeggeri il raggio di luce nel pieno della perturbazione li aiuta ad andare oltre, facendo capire che si lavora sul lungo periodo. Poi rimane vero che puoi sempre fare cose interessanti per il cliente, anche nei momenti peggiori. È il valore aggiunto dell’esperienza e di una preparazione solida. Devi fa percepire la sicurezza, non vedere certezze che non possono essere tali.”


Se hai le competenze necessarie, sei in grado di fronteggiare qualsiasi tempesta


Principi e sfide del coordinamento manageriale: cosa è essenziale a tuo avviso, anche in un momento del genere?

“La sicurezza devi riuscire a trasmetterla a tutti i tuoi colleghi, sia ai più giovani che a chi mostra segni di legittima stanchezza, perché questi anni sono stati faticosi per tutti, effettivamente. Sono 17 anni che svolgo un ruolo manageriale, e mi sono trovato a farlo abbastanza presto nel corso della mia carriera. Confesso che non pensavo lo avrei fatto, ma è un ruolo che mi ha affascinato da subito, e che mi ha conquistato per le sue caratteristiche, e oggi non ci rinuncerei mai, perché vorrebbe dire lasciare andare un pezzo della professione che è bellissimo e sfidante. Il principio essenziale è sempre quello: la relazione personale.


Il collega è una persona, prima che un professionista, per quanto valido. Provo sempre a metterlo a proprio agio, cercando di comprenderne a fondo il modo di essere e le esigenze. Sembrano frasi fatte, un comodo rifugio retorico, ma nella realtà in 25 anni sono sempre state la mia stella polare. Devi trasmettere tranquillità per esaltare le caratteristiche del sistema e delle persone che ne fanno parte. Personalità forti riescono a dare comunque molto, a tirare fuori il meglio, e il tuo compito è facilitare che ciò accada, coltivando una presenza continua, attenta ma anche… invisibile. Nel senso che non è importante apparire, ma esserci, essere presente e offrire un riferimento affidabile cui approdare: non sei un capo, ma un rifugio, un referente che ti aiuta ad affrontare le complessità. È una posizione di responsabilità, non di potere gerarchico. Anzi, la chiave è far sentire che i Banker sono – e devono essere – liberi ed autonomi, il più possibile, devi avere voglia di esaltare il collega e le sue qualità. Nella mia prima riunione manageriale, nel 2005, trovai sulla sedia la classica cartellina con i materiali informativi, ma quello che ricordo perfettamente e che mi è rimasto impresso è un'intervista al CEO di General Electrics che diceva che essere manager vuol dire essere in grado di scomparire e far emergere i colleghi che coordina, per far spiccare loro il volo. Quindi umiltà e non solo tecnicismo, mai trincerarsi dietro il ruolo descritto su un biglietto da visita. È una modalità di gestione difficile in altre realtà – più industriali – qui c'è condivisione totale. È un punto di forza e un patrimonio comune, anche in una professione molto individuale, e il bello è che la condivisione è una scelta, non un obbligo. Se è vero che il digitale a volte è comodo, è altrettanto vero che mantenere spazi comuni, di confronto, di prossimità fisica, sono importanti.


Mettere a fattor comune è fondamentale anche per lo spirito di gruppo. Tenersi tutto dentro ti porta a diventare un'isola, un orso, e rischi di diventarlo anche col cliente. Parlare con gli altri ti consente di far crescere la tua idea o di trovare ulteriori modi di Valorizzarla. Essere manager vuol dire avere una prospettiva duplice. Il ruolo nei confronti del cliente è univoco, individuale, il ruolo manageriale ha due livelli: sei una cerniera, una meccanismo di trasmissione tra il top management e la rete, e il contributo che devi dare è quello di realizzare una sorta di ‘filiera corta’, comunicando le idee che emergono dai Banker alla dirigenza e far atterrare sulla rete le decisioni e la visione della Banca. Sei il garante della circolazione delle idee e del buon funzionamento dell’organizzazione. Una grande responsabilità, ma anche molto gratificante.”


Entra in contatto o fissa un appuntamento con Luca Franz