L’evento
Il 3 aprile 2025, l'Hotel Park Hyatt di Milano ha ospitato l'ETF Buyers Club Milano, un evento organizzato da ETF Stream che ha riunito professionisti del settore finanziario per discutere le ultime tendenze nel mercato degli ETF (Exchange-Traded Funds). Tra i relatori, Edoardo Mezza, Senior Director presso Banca Patrimoni Sella, ha presentato un intervento intitolato "Per gli ETF a reddito fisso è arrivato il momento di essere attivi."
L’intervento di Edoardo Mezza
Nati ormai 32 anni fa, gli ETF hanno rivoluzionato l’industria del risparmio gestito. Visti con disfavore, lentamente ma inesorabilmente hanno saputo aprirsi un varco imponente nel settore (oggi raccolgono circa 16 trilioni di dollari). Da meri strumenti di replica di indici generalisti, hanno introdotto via via tecnologie sempre più sofisticate, trasformandosi in una sorta di veicolo finanziario a bordo del quale ospitare strategie anche molto complesse ed innovative. Era inevitabile, dunque, che si aprissero alla gestione attiva che, da sempre, ne aveva messo in discussione la validità scientifica e pratica (Cfr. Fraser-Jenkins, I., Gait, P., Harmsworth, A., Diver, M., McCarthy, S., Stancikas, R., Guerrini, A., Absolon, J., de Floris, M., & Hughes, M. (2016, agosto 23). The Silent Road to Serfdom: Why Passive Investing is Worse Than Marxism. Sanford C. Bernstein & Co.).
In particolare, negli ultimi anni gli ETF obbligazionari attivi hanno registrato una crescita significativa, trainata da fattori come una elevata trasparenza, la riduzione dei costi rispetto ai fondi tradizionali e una crescente esigenza di liquidità nei portafogli. La volatilità del mercato obbligazionario, acuitasi tra il 2022 e il 2024 a causa del rialzo dei tassi, ha spinto gli investitori verso strumenti più liquidi e flessibili e anche meno passivi. Gli ETF, negoziabili in tempo reale, hanno risposto efficacemente a queste esigenze. E questo scenario ha dato impulso alla loro transizione verso strategie attive in grado di reagire dinamicamente a variazioni nei tassi, nella forma delle curve dei rendimenti e nei differenziali di credito. Il segmento degli ETF attivi è così cresciuto, attirando anche grandi player attivi come PIMCO, JPMorgan, BlackRock e Fidelity. Capitanati da JP Morgan essi, infatti, dominano l’offerta di ETF attivi anche in Europa. I fondi comuni obbligazionari attivi, a lungo protagonisti della gestione professionale, iniziano, dunque, a cedere quote di mercato agli ETF attivi prodotti da provider tradizionali e questa circostanza spiega le ragioni di un forte interesse da parte delle grandi case di asset management verso questa tipologia di strumenti. Giova ricordare che Blackrock, colosso della gestione attiva, fu tra i primi a investire nelle prospettive della gestione passiva, acquisendo e potenziano ISHARES nel lontano 2009.
Gli ETF obbligazionari attivi combinano la flessibilità e la liquidità tipiche degli ETF con la gestione attiva dei fondi comuni. A differenza degli strumenti passivi, adottano strategie dinamiche per gestire rischio di tasso, credito e liquidità. Le tecniche usate (che comunque ricalcano quelle dei gestori attivi tradizionali) includono la selezione dei titoli, la modulazione della duration e l’uso di derivati e strategie di copertura.
Alcuni ETF adottano un approccio privo di benchmark (cosiddetti unconstrained e, quindi, come tali anche meno decifrabili) investendo liberamente in obbligazioni sovrane, corporate, municipali ed emergenti, con tassi fissi o variabili, in varie valute, con o senza copertura valutaria. Tra gli strumenti utilizzati figurano interest rate swaps, futures, CDS e strumenti monetari per la gestione della liquidità.
Nonostante i lor vantaggi, gli ETF obbligazionari attivi presentano, comunque, alcune criticità. Se il gestore non crea valore rispetto al benchmark, essi possono risultare meno efficienti rispetto agli ETF passivi. Un tracking error elevato non sempre si traduce in extra rendimento. I TER possono variare tra 0,30% e 0,60%, superiori a quelli degli ETF passivi (0,05% - 0,20%). Se non giustificati da un alpha adeguato, i costi possono erodere i benefici. Le obbligazioni, in particolare quelle corporate, HY ed emergenti, possono essere poco liquide. In fasi turbolente, può verificarsi un disallineamento tra NAV e prezzo di mercato dell’ETF, aumentando il rischio di liquidità.
Alcuni ETF attivi possono essere eccessivamente esposti a segmenti specifici del mercato obbligazionario, riducendo la diversificazione e aumentando il rischio specifico.
A differenza degli ETF passivi, gli attivi possono non pubblicare quotidianamente la composizione del portafoglio, soprattutto in Europa, ostacolando una valutazione accurata da parte degli investitori.
Inoltre, le normative UCITS in Europa impongono limiti a diversificazione e liquidità, e gli ETF semi-trasparenti negli USA, pur proteggendo le strategie dei gestori, sollevano dubbi sulla trasparenza.
Al di là di queste criticità che non possono essere ignorate, grazie a costi competitivi, buona liquidità e accessibilità, sempre più investitori istituzioni, oltre alla clientela retail, stanno includendo ETF attivi nei portafogli.
Abituati da sempre a vivere con mezzi finanziari ridotti, on shoestrings direbbero i nostri amici di ETS STREAM, i produttori tradizionali di ETF sembrano più aperti all’impiego di nuove tecnologie come, AI, big data, algoritmi quantitativi e machine learning che promettono significativi progressi anche nella gestione attiva (in ogni caso anche a beneficio degli stessi fund manager attivi, perché in finanza i vantaggi competitivi muoiono giovani). Tra le applicazioni meritano di essere segnalate l’analisi predittiva dei tassi, la selezione del credito su base alternativa ed il trading algoritmico usato anche al fine della riduzione dei costi di transazione. Inoltre, sempre più ETF attivi integrano approcci quantitativi come il carry trade, i filtri ESG e i modelli multifattoriali basati su qualità del credito, momentum e valutazioni.
Un quadro normativo più armonizzato potrebbe favorirne un’adozione ancora più ampia. Si attende, infatti, da parte dei regulators una maggiore chiarezza su costi di transazione, requisiti di liquidità e standard ESG.
In conclusione, il nostro lavoro di private banker, fatto di prossimità attiva alle esigenze dei clienti, impone sempre di restare aperti alle evoluzioni e alle innovazioni proposte dall’industria. Non possiamo rifiutarci di guardare, come invece fecero i giudici dell’Inquisizione, di guardare attraverso il cannocchiale di Galileo Galilei (che rappresentava l’evoluzione della Scienza), ma proprio per la delicatezza del nostro lavoro, dobbiamo ispirarci alla frase famosa di Ronald Reagan: “Mi fido, ma verifico”.