Il risultato elettorale americano ha condizionato l’andamento dei mercati obbligazionari, più che nella variazione complessiva, nella estrema volatilità. Alla notizia della vittoria repubblicana, il tasso sul Treasury a 10 anni ha sfiorato il 4,5%, con un significativo aumento della pendenza della curva dei rendimenti. Tuttavia, a fine settimana le preoccupazioni si sono ridotte, riportando i tassi a livelli simili a quelli precedenti. Il dollaro si è rafforzato contro tutte le valute, arrivando a 1,07 contro l’euro, a causa del rischio crescente di una marginalizzazione dell’Eurozona.
Con Trump aumentano le aspettative di inflazione e le preoccupazioni per il contenimento del deficit, anche se l’impatto reale delle sue politiche resta da valutare. La Fed ha tagliato i tassi di un altro quarto di punto, portandoli al 4,75%. Anche la Svezia e l’Inghilterra hanno ridotto i tassi, rispettivamente al 2,75% e 4,75%, mentre la Norvegia li ha mantenuti invariati.
In Germania, il licenziamento del ministro delle Finanze e la richiesta di fiducia potrebbero portare ad elezioni anticipate tra gennaio e marzo 2025. Intanto, in Cina l’attenzione è sulla riunione dell’Assemblea nazionale, da cui si attende un bilancio fiscale più ampio per contrastare le possibili misure protezionistiche americane.
Le elezioni hanno spinto al rialzo i mercati azionari americani, con le Small Cap a +9% e le banche in forte crescita, mentre i mercati emergenti restano indietro e l’Europa cede. Le borse europee hanno risentito negativamente del risultato elettorale, con un forte calo mercoledì, e il settore del lusso è stato colpito da vendite dopo le prospettive negative di Richemont. In Giappone la borsa è in forza, e gli indici cinesi sorprendono al rialzo grazie alle nuove misure di stimolo.
L’oro risulta debole, penalizzato dalla fine dell’incertezza elettorale e dal rafforzamento del dollaro e dei tassi americani.
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