Nel corso della settimana, il tema dei dazi è rimasto al centro dell’attenzione, con una serie di dichiarazioni contrastanti da parte delle autorità statunitensi. Contestualmente, il focus si è spostato sui dati relativi all’andamento dei prezzi negli Stati Uniti: l’inflazione al consumo è salita al 3% annuo, mentre quella alla produzione ha raggiunto il 3,5%.
Sul mercato valutario, il dollaro si è attestato in prossimità di 1,05 contro euro, mentre il rendimento del decennale statunitense è rimasto stabile al 4,5%. In lieve rialzo il decennale tedesco, che ha chiuso sopra il 2,4%.
Sul fronte macroeconomico, in Italia la produzione industriale ha segnato una battuta d’arresto a dicembre, con un calo del 3,1% su base mensile. In Cina, l’inflazione è salita ai massimi da cinque mesi (+0,5% annuo), mentre la deflazione dei prezzi alla produzione persiste, con un calo del 2,3% annuo, a causa di una domanda interna disomogenea e di un’attività industriale debole.
I mercati azionari hanno mostrato un andamento divergente: l’MSCI World ha chiuso in rialzo dello 0,71%, mentre l’MSCI Emerging Markets ha registrato una flessione dello 0,37%. A Wall Street, solo il Nasdaq e l’S&P 500 hanno chiuso in territorio positivo. In Europa, il comparto bancario continua a registrare una solida stagione di utili, con risultati positivi per Commerzbank, Mediobanca, Unicredit e Banco BPM. Il mercato azionario europeo ha proseguito la corsa verso nuovi massimi, sostenuto da trimestrali superiori alle attese.
Nel comparto delle materie prime, l’indice Bloomberg Commodity ha guadagnato l’1,5%, trainato dall’oro, che si sta avvicinando alla soglia dei 3.000 dollari l’oncia, sostenuto dalle pressioni inflazionistiche e da un contesto geopolitico caratterizzato da crescente incertezza. Il prezzo del petrolio è rimasto tonico, supportato sia dalle tensioni in Medio Oriente sia da segnali di maggiore efficacia delle sanzioni sulle esportazioni di greggio russo.
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