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Sostenibilità 1 marzo 2023

Fine Wines, nuova “geografia del vino” e riscaldamento globale

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La centralità dell’Europa

Tra gli alternative assets più fascinosi e complessi, i vini di pregio – fine wines – stanno attraversando un periodo movimentato. Se i rendimenti finanziari collegati hanno avuto un andamento positivo (come leggeremo più avanti) è il contesto ambientale quella che mette a rischio la loro eccellenza ed il grado di redditività. A livello di mercato globale l’Europa è senz'altro il continente principale in termini di produzione vitivinicola e non solo, considerando che nel Vecchio Continente è situato il 45% del totale mondiale delle aree destinate alla coltivazione, qui avviene il 57% del consumo mondiale di vino, oltre al 63% della produzione totale, per una quota del 70% del mercato dell’export complessivo.

Considerando poi che circa il 50% delle bottiglie in commercio dell’area viene da Francia, Italia e Spagna non è difficile quantificare l’incidenza del problema della crisi climatica, dato che sappiamo e vediamo anche – in tempo reale – come proprio queste zone siano tra le più impattate dagli effetti del riscaldamento globale, che colpisce i territori inducendo l’esigenza di mutare le modalità di coltivazione e produzione di quello che è da considerare come un vero e proprio asset del mercato degli investimenti.


I numeri in crescita dei Fine Wines

I dati relativi ai ritorni sull'investimento in fine wines nel 2022 in effetti parla chiaro: il Liv-ex 100 ha segnato un + 6,9% il Liv-ex 1000 è arrivato a segnare un incremento del 13,1% ed l’Italy 100 ha fatto registrare una quota di crescita del 9,2%, con andamenti positivi consolidati anche nel tempo, con i numeri degli ultimi 5 anni che raccontano un + 34,2% per il Liv-ex 100, un + 45,3% per il Liv-ex 1000, e un roboante + 46,8% per l’Italy 100, margine di crescita secondo – nella medesima finestra temporale – solo al +51,6% raggiunto dal Nasdaq. 


L’impatto del clima sulla produzione mondiale

L'esigenza complessiva della filiera del vino è quella di sviluppare pratiche di coltivazione ad un più elevato tasso di sostenibilità oltre che riuscire ad innestare coltivazioni che dimostrino una maggiore resistenza al cambiamento delle condizioni climatiche medie, secondo quanto emerge dalle dichiarazioni e dagli intendimenti dei principali operatori del settore. Il vino è infatti un asset prezioso quanto delicato ed effettivamente legato ai cicli e ai ritmi della terra. Le condizioni che incidono in maniera più marcata sulla qualità e quantità delle produzioni sono il suolo, la luce del sole, latitudine, altitudine e anche la direzione, intesa come l'esposizione geografica delle viti, ma di certo il fattore preponderante su tutti gli altri è quello della temperatura. È acclarato che la semplice variazione di 1° può cambiare completamente le caratteristiche organolettiche dell'uva, e quindi anche del prodotto finale.


Le variabili legate alla temperatura

Giova anche ricordare come un ambiente più caldo favorisca in generale la proliferazione di insetti nocivi per le piante, e a questo si aggiungono altre conseguenze nefaste in quanto il caldo fa sì che gli acini maturino più velocemente, aumentando il tasso di zuccheri e la quantità di alcol nel vino, non necessariamente un fattore negativo ma sicuramente rilevante nella costruzione di un prodotto che possa dirsi bilanciato secondo le intenzioni e le caratteristiche pianificate. Ancora, l'acidità ed altre caratteristiche chimiche come i tannini possono alterare ulteriormente la composizione chimica della pianta incidendo in maniera rilevante sulla vinificazione. L’aumento generalizzato delle temperature, registrato ampiamente e salito agli onori delle cronache, è ormai una variabile con la quale si sta iniziando a fare i conti praticamente a tutte le latitudini.


La “migrazione” dei vigneti

Ciò che sta accadendo in termini di riorganizzazione della produzione è già evidente guardando alle strategie messe in campo da produttori di territori storici tra i più celebrati al mondo. Nella zona del Bordeaux si stanno iniziando a sperimentare nuovi tipi di piantagione, mentre gli imprenditori della zona dello Champagne stanno comprando appezzamenti di terra da mettere a coltura addirittura in Inghilterra. In termini di riadattamento, la coltivazione del Merlot viene progressivamente abbandonata in alcune zone per essere sostituita da quella Cabernet Franc.

In Italia produttori di Barolo e Barbaresco nella parte meridionale del Piemonte stanno acquistando appezzamenti e terreni nella zona dell'alto Piemonte, ben più a nord, confidando in condizioni diverse legate all'altitudine, così come in Catalogna i produttori di Cava stanno anch'essi migrando almeno in parte le loro coltivazioni ad un'altitudine maggiore. Ma in generale sono molti i ‘movimenti’ che interessano il mondo della vinificazione, in senso materiale e – appunto – geografico.


I ‘nuovi orizzonti’ della produzione

La caccia alle nuove “terre promesse” del vino peraltro sembra appena iniziata, dato che stando alla stima degli esperti australiani, in realtà l’80% dei terreni attualmente coltivati a vite in realtà è concentrato appena nell’1% dei luoghi che sarebbero aperti ed adatti a tale destinazione. Le opportunità di trovare location adatte, oltre che ad un costo decisamente inferiore rispetto a quelle tradizionali, portano in Scandinavia, dove la mitigazione del clima sta allungando l’estate svedese di oltre un mese l’anno, offrendo opportunità di coltivazione prima impensabili. Incredibile pensare come la Norvegia stia diventando luogo di sperimentazione ad opera di alcuni produttori bordolesi, che lì hanno impiantato dei vigneti, e di come la vinificazione stia ottenendo risultati da premio nello Jutland.

Scorrendo resoconti e articoli dalla stampa internazionale si comprende come la mappa delle possibili “terre del vino” arrivino ad includere opzioni finora impensabili, che includono, in ordine sparso, Inghilterra e Germania, Oregon, Canada, ampie zone dell’Europa dell’Est, la Tasmania, in Australia, ma anche Messico, Turchia e… le Alpi italiane.

Ciò che appare evidente è la resilienza e reattività del mondo del vino, ben poco disposto a lasciar deperire il proprio inestimabile patrimonio. 


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