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La Banca 25 novembre 2024

Alessandro Marchesin dialoga con WeWealth sui private markets

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Perché le PMI tardano a quotarsi e invece apprezzano i mercati privati dei capitali? Perché preferiscono capitali più “pazienti” e stabili, che consentono alle imprese finanziate, spesso di piccole e medie dimensioni, una pianificazione degli investimenti di lungo termine, lontana dal nervosismo di Borsa. Ciò supporta le imprese in attività fondamentali come il passaggio generazionale o l’entrata in un nuovo mercato. Ma i fondi privati mettono a disposizione anche strategie di crescita. Così l’investitore – spesso a sua volta imprenditore – è più coinvolto. Questo allineamento di interessi fra “investiti” e investitori ha dato i suoi frutti: a livello globale il private equity è infatti passato da un peso del 2% sull’azionario mondiale nel 2000 al 10,5% del 2022. E il tasso medio di crescita dei ricavi delle società partecipate da fondi di PE è maggiore rispetto alle altre, così come mediamente quello dei rendimenti attesi (fonte Rapporto AIFI). Lo racconta a We Wealth Alessandro Marchesin, Head of Wealth & Asset Management del gruppo Sella.


Sella Sgr ha appena stretto un accordo con Amundi per la distribuzione – tramite Banca Sella e Banca Patrimoni Sella & C. - del fondo “Amundi Partners Investindustrial Private Equity”. Come nasce questa partnership?

“La partnership con Amundi si inserisce nell’ambito di un approccio strategico del gruppo Sella che ha l’obiettivo di avvicinare i nostri clienti private all’economia reale, favorendo al contempo lo sviluppo e l'espansione internazionale delle piccole e medie imprese italiane. Negli ultimi anni, il mercato del Private Equity ha registrato una crescita costante grazie a diversi fattori, tra cui in primis una revisione della normativa Eltif 2.0 - European Long-Term Investment Funds -, nell’ottica di rendere più semplice l’accesso dei clienti retail ai fondi di Private Equity, aumentando le opportunità di investimento e ampliando la base degli investitori. In parallelo, il numero di nuove società che si quotano in Borsa è diminuito, con molte aziende che scelgono di restare private più a lungo. Questo offre al Private Equity maggiori opportunità di intervenire con capitali a supporto di queste aziende, che preferiscono evitare la complessità e i costi associati alla quotazione in mercati pubblici. Inoltre, il Private Equity ha dimostrato di essere uno strumento efficace per generare valore nel lungo periodo, sia per le aziende che per gli investitori. Questa tipologia di fondi non solo consente di iniettare capitale, ma offre anche competenze gestionali e strategiche che aiutano le aziende a crescere, ristrutturarsi e migliorare la loro efficienza operativa. Questo approccio attivo si è tradotto in extra-rendimenti (outperformance) rispetto a quelli ottenibili sui mercati pubblici.”


Maggiori rendimenti ma anche maggiore dispersione tra i vari fondi e gestori. Come guidare quindi i clienti nell’approcciare questi mercati?

“In effetti, nel mercato del Private Equity, ci sono differenze significative tra i top performer e i fondi meno redditizi. Per guidare i clienti nell’investimento in quest’ambito, è fondamentale per noi operatori del settore selezionare il giusto partner: un gestore esperto e con una solida esperienza può fare la differenza in termini di valore generato e mitigazione dei rischi. I criteri di selezione devono includere la capacità del gestore di identificare opportunità di investimento, il track record nel migliorare le performance aziendali, e la capacità di uscire con successo dagli investimenti, la cosiddetta exit strategy. La due diligence accurata e la valutazione delle competenze manageriali diventano quindi fattori decisivi per ottenere rendimenti ottimali.”

 

E qui torniamo all’accordo con Amundi e Investindustrial…

“Esatto. Oltre ad essere il primo asset manager europeo, fra i primi dieci operatori al mondo, Amundi vanta un’esperienza di oltre 40 anni nell’ambito della gestione di mercati privati, asset alternativi e reali, con oltre 70 miliardi di masse gestite. Inoltre, grazie a questa partnership e all’Eltif Amundi Partners Investindustrial Private Equity, per la prima volta gli investitori privati possono accedere alla strategia di Investindustrial, leader europeo nell’ambito del Private Equity, nel mid-market. La società, fondata nel 1990 a Londra da Andrea Bonomi, ha un solido track record di oltre 30 anni e una strategia di investimento incentrata sul buyout. Il focus è sulle PMI con sede nell'Europa meridionale e un raggio d'azione paneuropeo. L’esperienza del gestore è concentrata sui settori della produzione industriale, consumi, sanità, servizi e tecnologia. Le aree di elezione del fondo sono Italia, Spagna, Portogallo, Svizzera. Abbiamo quindi trovato i giusti “compagni di viaggio”, per accompagnare i clienti in un percorso di investimento sui mercati privati attraverso la costruzione di un programma personalizzato e in un’ottica di diversificazione ottimale del portafoglio.”


Oltre alla diversificazione, perché il veicolo dovrebbe interessare la clientela HNWI?

“Crediamo che l'accesso ai mercati privati consenta di cogliere opportunità uniche e complementari rispetto agli investimenti tradizionali, contribuendo a migliorare il profilo di rischio-rendimento e a raggiungere obiettivi finanziari di lungo termine. Il nostro approccio si basa su una profonda conoscenza dei mercati e su una strategia attenta alle esigenze individuali degli investitori.”


Abbiamo parlato di Private Equity. Qual è invece la vostra posizione rispetto al mercato del Venture Capital?

“Il venture è un asset class che presenta un profilo di rischio e una dispersione dei rendimenti maggiore rispetto ad altre soluzioni del mercato privato. In quest’ottica, la nostra Sella Venture Partners SGR investe in fondi internazionali di Venture Capital, per offrire ad istituzionali e ai clienti del wealth management una strategia di fondi di fondi con l’obiettivo di attenuare i rischi impliciti nell’asset class. Recentemente abbiamo lanciato la seconda vintage con un target di raccolta di 100 milioni di euro e una strategia allineata al primo fondo.”


In generale, qual è oggi la situazione dei Private Markets in Italia?

“In termini dimensionali, se guardiamo al Private Banking, la quota di investimenti alternativi sul totale degli AuM è di circa lo 0.8%, molto lontana dalle percentuali dei paesi anglosassoni e dalle medie europee. C’è ancora molto lavoro da fare per migliorare la familiarità e la conoscenza di questi prodotti, sia lato consulente che cliente. In quest’ottica, nel gruppo Sella, già da alcuni anni abbiamo avviato dei percorsi di formazione dedicati ai Private Banker, in collaborazione con Associazioni di categoria e Partner strategici. Ad ottobre, ad esempio, 45 top private banker hanno frequentato un Executive Program sui Private Markets organizzato in esclusiva per noi da SDA Bocconi School of Management, presso il loro Campus a Milano. E’ stata un’esperienza molto apprezzata sia per l’alto livello degli interventi, sia per la metodologia didattica interattiva ed attiva tra docenti e bankers.”


Che evoluzione del comparto prevede nei prossimi anni, alla luce del contesto di mercato?

“Dopo gli ottimi risultati di raccolta conseguiti nel 2020-21, nel biennio successivo i private markets, come altre aree del risparmio gestito, hanno attraversato una fase di “riflessione”. Oggi le previsioni sono più positive, soprattutto in funzione delle politiche espansive delle Banche Centrali, che favoriranno da un lato l’esigenza dei clienti di diversificare i portafogli anche guardando maggiormente ai mercati privati. Dall’altro, la progressiva discesa dei tassi d’interesse darà una spinta alla crescita delle aziende, generando così un circolo virtuoso.”